lunedì 7 marzo 2016

La macchina nella Società della Comunicazione


La Storia ha dimostrato come la società umana non si sia sviluppata in modo lineare, ma per improvvisi salti che possiamo riconoscere nelle rivoluzioni, intervallate tra di loro da periodi sempre più brevi. Dal nomade preistorico, il cui paradigma era rappresentato dal “saper trovare”, alla società artigianale (il “saper fare”) trascorrono migliaia di anni e si deve attendere la rivoluzione industriale dell’ottocento per un nuovo balzo in avanti, quello rappresentato dal “saper far fare”. Chi aveva i capitali e sapeva come usarli, sopratutto attraverso quelle gigantesche macchine rappresentate dalle fabbriche per far produrre alla massa di operai una sempre maggiore quantità di beni, era il detentore del potere economico e, per procura, anche di quello politico. In questa società il bene prodotto era tangibile: l’acciaio dei Krupp, le automobili della FIAT, ecc.




Acciaierie Krupp durante la I Guerra Mondiale


Oggi si sta materializzando una nuova società, la cui rivoluzione non sembra essere percepita dai contemporanei: la società dell’informazione, rappresentata dal paradigma “sapere chi sa cosa”. Il bene prodotto, benché frutto dell’opera di una macchina, cessa di essere tangibile, non è più percepibile dai nostri sensi come l’acciaio della famiglia Krupp, ma occorre l’intermediazione di un’altra macchina per rendercelo interpretabile.
Se accettiamo questo punto di vista possiamo, come per ogni rivoluzione, azzardare nel fissare una data di inizio. Nel 1993 il CERN di Ginevra mette a disposizione del pubblico il World Wide Web, inventato circa due anni prima da T. Barners-Lee, senza chiedere diritti d’autore. La tecnologia fisica, le macchine che potevano permetterne la diffusione c’erano già, i Personal Computer: in seguito queste macchine, che abbiamo imparato a chiamare hardware, si svilupperanno ancora ma non quanto i programmi che li utilizzano, i cosiddetti software: per analogia con la fabbrica questi software possono essere paragonati all’operaio della catena di montaggio.



Home page del primo sito web della storia

Ma anche il software, sviluppandosi come macchina, finisce per emanciparsi dalla macchina stessa che lo contiene (il PC) e, grazie alla rete WWW, diventare qualcos’altro: nascono i Social Network (Facebook, Twitter solo per citarne alcuni). Queste nuove macchine si nutrono di informazioni che provengono dagli ormai milioni di utenti connessi e, per la loro natura di macchine, almeno per il momento non sono né buone né cattive. Questa connotazione etica dipende casomai dai nuovi detentori del potere economico (e conseguentemente politico), cioè chi possiede l’informazione e come la usa. Le analisi sulle implicazioni etiche a riguardo sono solo all’inizio: si pensi ai timidi tentativi del legislatore in merito alla cosiddetta Legge sulla Privacy. Ma le conseguenze di questa nuova rivoluzione agli imprenditori sono ben chiare: ora si costruiscono linee a fibre ottiche come nell’ottocento si costruivano ferrovie!
Forse stimolata dall’espansione dell’informazione digitale anche l’hardware ha fatto un piccolo balzo in avanti: il telefono, dapprima divenuto personale con la tecnologia cellulare già a partire dagli ultimi anni del XX secolo, si è successivamente trasformato in una macchina di interfaccia con il mondo di comunicazione digitale, prendendo la denominazione forse impropria di “smartphone”. L’unione sinergica fra le due tipologie di macchine, soft (i social network) e hard (gli smartphone), ha determinato la comparsa di qualcosa di inaspettato, forse i primi organismi cibernetici della storia.



Cyborg?

Questi cyborg di inizio XXI secolo sono dotati di una macchina all’estremità dell’arto superiore con la quale comunicano con molti altri simili contemporaneamente appartenenti ad una realtà virtuale. La cosa che ritengo preoccupante e che questi cyborg non sembrano essere completamente consci di questo innesto: spesso ne vengono influenzati, a volte in modo drammatico come appare nei fatti di cronaca, ma di sicuro vengono studiati e analizzati, come facevano i naturalisti di fine ottocento alle Galapagos con le nuove specie. Perché nella società dell’informazione il potere è direttamente proporzionale alle informazioni che si posseggono e questi cyborg liberano in rete informazioni personali, spontaneamente e senza rendersene conto, che ad un’altra persona per strada non rivelerebbero mai.




Come in ogni rivoluzione anche la società dell’informazione prima o poi troverà un proprio equilibrio: forse i cyborg impareranno a dominare il loro sesto senso digitale e non ad esserne dominati e forse verrà regolamentato l’uso dell’informazione (cosi come vennero regolamentati i diritti dei lavoratori nell’epoca industriale); nel frattempo però a tutto ciò che ci diverte o ci fa star meglio non sappiamo rinunciare e, con molta probabilità, nei prossimi anni la nostra cultura resterà sempre più affascinata da quest’esplosione di macchine e tecnologie digitali.

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